Gabriele Ottaviani recensisce L’avvocato G. di Federica Sgaggio (collana Ottantamila) su Convenzionali.
Qui.
Sotto un estratto.
[…] Ha gli occhi tristi e soli, non è bello, non pare nemmeno particolarmente brillante, affascinante, seducente. È mezzo irlandese e mezzo italiano. Eppure lei, che come lui è sposata, inizia a desiderarlo. Per scherzo. Per piacere. Per voglia. Per noia. Per sesso. Gli gira intorno per un anno, come uno squalo. Perché vuole sentirsi più sicura di sé, apprezzata, capace di essere altro da ciò che è. E perché sembra che lui non la desideri. Non la voglia. Non abbia bramosia di pura, semplice, disinteressata – no strings attached, per dirla con lessico da chat: una volta rivestiti ognuno per la sua strada, almeno fino all’incontro successivo – ginnastica da scrivania e non solo. Debba sempre giustificarsi con qualche sentimento. La moglie, un’infermiera dai capelli rossi, l’ha castrato, lei sostiene: lei, a cui basta prendere una storta su un sampietrino mentre corre di qua e di là, come sempre, presa tra mille impegni, per sé, per il marito, per la prole, per fermarsi finalmente a riflettere. A guardarsi dentro e a parlarsi con distacco, non troppa indulgenza, non troppa ironia. Il tradimento comincia perché lei ritiene che sia necessario fargli credere che può essere ancora in grado di essere diverso. Lui non tradisce perché ha l’ansia da prestazione, si ripete, non perché è onesto. È un uomo freddo e scostante, tanto perbene, almeno di facciata, ma che in realtà conosce alla perfezione la volgarità. E lei finisce per ritrovarsi a piangere, da sola, oppure… La prosa di Federica Sgaggio, per oltre vent’anni quotidianista, ma poi ha scelto di dare una svolta alla sua vita (è autrice di Due colonne taglio basso per Sironi e del saggio sul giornalismo Il paese dei buoni e dei cattivi, edito da Minimum fax, ha un profondo legame con l’Irlanda e attualmente gestisce un atelier-boutique-centro culturale a Verona), ha numerosi pregi: è fresca, scorrevolissima, credibile, agra e insieme levigata, sa tradurre con efficacia e intelligenza sia il sentimento che lo squallore, per un romanzo breve, limpido ma non banale, interessante.
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